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Culturali
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Autore: Alessandro Scandale
La vicentina Marifulvia Matteazzi Alberti, critica d'arte tra le più apprezzate in Veneto, organizzatrice di mostre e di eventi culturali, racconta in un libro il suo "come eravamo"
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"Questo libro non è stato scritto ma cucito come si fa con quelle vecchie coperte di un tempo, che univano tanti pezzetti di lana colorata fatti a ferri o ad uncinetto. Urgeva, forse inconsciamente, la voglia di non perdersi, e fremeva il desiderio di ricordare Lucia di 40 anni fa, il disastro del 2 agosto 1980, del suo coraggio da sola in stazione sotto le macerie e della sua bella storia con il ragazzo che l'ha raccolta e soccorsa in stazione a Bologna. Ma scrivendo di Lucia, nella mia mente sono apparsi tutti coloro che frequentavano la mia casa di via Torretti, che sento ancora terribilmente mia, e così sono riapparsi loro. Sono andata a cercare le vecchie pagine ingiallite scritte in quegli anni e li ho ritrovati: sono apparsi gli amici e gli amori e ho messo insieme tutto, senza vergogna, senza false ritrosie, narrando com'ero e come eravamo".

Sono parole significative quelle scritte dalla vicentina Marifulvia Matteazzi Alberti, critica d'arte tra le più apprezzate in Veneto, organizzatrice di mostre e di eventi culturali e qui anche in veste di scrittrice autentica e sincera. Dopo l'esperienza a quattro mani con l'amico scrittore e poeta Mario Pavan nel libro Al di là dei ricordi - Da viale Astichello a contrà Santa Lucia, Alberti ritorna in libreria, stavolta da sola, con Di me, di te, di noi (Robin edizioni), una storia intima e corale, la storia degli anni della sua giovinezza in una Vicenza vissuta nei ricordi, vividi e intensi: il fiume Bacchiglione, il parco Querini "spesso solitario che mette una certa inquietudine", la Standa di corso Palladio, il negozio di Ponte Pusterla con la vetrina sospesa sull'acqua, il grande magazzino Coin "appena aperto a Porta Castello".

Quegli anni della gioventù in cui bastava uscire una sera tra amici con in mano un gelato per sentire il soffio leggero della vita che ti accarezzava. Quando in macchina "ascoltavamo Luna non essere arrabbiata dai, non fare la scema" - di Gianni Togni, ndr - in "quell'estate dell'Ottanta che ce la metteva tutta a far innamorare". Quelle emozioni dei cuori palpitanti che indugiavano tra una gioventù ormai al capolinea e un'età adulta che si affacciava prepotente con le sue richieste e i suoi impegni. E poi gli amici - tanti - e le amiche. Due su tutte, Maggie e Lucia, che quel sabato 2 agosto 1980 rimase gravemente ferita per l’esplosione della bomba alla stazione di Bologna, dove sopravviverà miracolosamente, soccorsa da un giovane studente di Medicina che poi si innamorerà di lei.

"Abbiamo voluto strappare alla vita adulta una manciata d'anni e protrarre forzatamente e consciamente la giovinezza che sentivamo sfuggire e che abbiamo saputo gustare come bene grande e prezioso giorno dopo giorno, fintanto che la vita non ci ha richiamato all'ordine. Quel pugno nello stomaco, quella mano che mi ha afferrato dentro quando sono salita nella 128 SL di Giammarco è stata una sensazione verissima, quasi una forza che mi intimava di chiudere con i giochi della giovinezza prolungata fino ai trent'anni e di diventare seria per imbucare il destino di moglie e di madre. Questo ho fatto, questo abbiamo fatto in tanti. Ma quella gioia che mi canta sempre dentro, quel fanciullino spensierato che abita in me gioioso fa capolino spesso, ed è felice quando io torno ad essere quella che ero in via Torretti e in alcune giornate senza raggio mi riporta indietro negli anni, anche se per pochi minuti, facendomi respirare una boccata d'aria leggera e profumata, tale da sopportare un presente a volte opaco".

La casa, quel mondo, gli amici sono ancora là, in via Torretti. "Anche oggi tornando dal centro ci sono passata davanti: non mi mette tristezza vederla silenziosa, ripenso a quello che c'è stato, perché tutta quella bellezza l'abbiamo vissuta, toccata, respirata, cantata e questo mi basta per  ritornare qui. Ed anche se quando racconto ai miei figli di quel tempo mi sembra di parlare di fantasmi, di sera, quando tutti dormono, da sola al computer, riannodo fili di vecchi pensieri e riappare il mondo di allora. E rido, piango, godo di tanta bellezza. Ancora".
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